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“La dorsale che divide i golfi di     Salerno e di Napoli è chiamata ‘Le Tore’, con espressione antica e     oscura che è comune in questa zona… Stazio si riferisce forse a queste     Tore, quando parla delle verdi taurubulae di Sorrento e di Capri… Alcuni     fanno derivare ‘Tore’ dal greco  ta ore, le montagne… (N, Douglas     – La terra delle sirene)

Il verde di una vera fattoria sospeso a 500 metri fra l’azzurrità infinita di un cielo e due mari. Il mare di Sorrento e il mare di Positano. Si sceglie in quale tuffarsi scivolando sui tornanti tracciati nei boschi dell’ombroso versante sorrentino o sui tornanti adagiati sulle rocce dell’assolato versante amalfitano. In nessun caso si sbaglia.
Le Tore. Nome misterioso e antico che forse un tempo significava monte. Ora vuol dire cordialità accogliente. Simpatia. Competenza. Buon gusto. Semplicità. Classe. Natura. E anche un pizzico (abbondante) di napoletanissima allegria. Quassù vi sorridono anche le melanzane.

Non è una fattoria travestita da albergo. E neanche un albergo travestito da fattoria. E’ una vera masseria dell’800, con 12 posti letto e ristorazione. Circondata da meleti, vigneti, oliveti, orti e boschi. Attrezzata per prodursi “in casa” noci, nocciole, frutta varia, vino, pollame, conigli, uova, marmellate e miele, sotto controllo e certificazione AIAB (Associazione Italiana di Agricoltura Biologica).
Quassù la coltura diventa cultura perché conserva le tradizioni. Di tecnica e di feste. Come il rito della lavorazione del maiale a Carnevale. La domenica delle Palme. Le due settimane delle lucciole. La vigilia dell’Assunta. La vendemmia. La raccolta delle mele. E’ il calendario della campagna.

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